Appunti per l’intervento sulla propaganda. Il nesso con la ricerca sulla pandemia riguarda la contesa sulle narrazioni, e il collegamento con l’altro testo di Brousse
quel che il simbolico apporta alla guerra — dice Marie-Hélène Brousse, filosofa e psicanalista — sono gli ideali, senza i quali nessuna guerra può avere luogo, in mancanza di discorso (Brousse, 2017)
L’autrice ha curato anche un volume sulla pandemia (Brousse, 2020)
Significanti padroni
In Lacan, il significante padrone (maître), è il significante che inserisce il soggetto nell’universo simbolico. La sua funzione non è quella di significare, ma di strutturare.
È vuoto, spesso tautologico (“La legge è la legge”, “Un uomo è un uomo”). Il suo potere non deriva da un contenuto di verità, ma pone le condizioni di possibilità dei discorsi, dall’autorità che incarna1. Relega ogni altro discorso alternativo a una posizione di subalternità o di non-senso.
Il significante padrone diventa il cardine di identità, ideologia e legame sociale. Ogni discorso sociale, politico o istituzionale si organizza attorno a dei significanti padroni2.
Irruzione del Reale e ingegneria del consenso
La guerra, come la pandemia, è l’irruzione del Reale, che l’ordine simbolico non riesce a contenere né a spiegare. Il discorso pubblico collassa, e la contesa si sposta sulla definizione del nuovo ordine (Noi/Loro, Eroe/Traditore, ma anche Sano/Malato, Puro/Impuro), in realtà mai del tutto “nuovo”, transitorio, e velocemente “rimosso”.
Anche in questo contesto i “significanti padroni” struttura un campo discorsivo e identitario, definendo il “noi” e il “loro”, la “Nazione”, il “Nemico”, il rischio esistenziale.
Una narrazione della pandemia è stata appunto quella della guerra: “guerra al virus”, “eroi della salute”, “nemico invisibile”.
Il reale, poiché è dell’ordine dell’aleatorio (random), non basta mai per fare da limite agli esseri parlanti. Può ucciderli, ma la morte non è un limite che si vive. È necessaria la legge (Brousse, 2020)
E, come suol dirsi, “In guerra, come in amore, tutto è Lecito”.
Dalla propaganda alla retorica, dalla cultura popolare all’arte, la guerra si serve di una vasta gamma di strumenti simbolici per mobilitare, legittimare il potere e costruire un “noi” contrapposto a un “loro”, e persino un “vincere” e un “perdere”, cioè la rappresentazione della posta in gioco.
Anche la tecnologia attiene al simbolico.
Nel 1927, in Propaganda Technique in the World War , Harold Lasswell scriveva: «la guerra moderna deve essere combattuta su tre fronti: il fronte militare, il fronte economico, e il fronte della propaganda» (Lasswell, 1927, p. 214).
Mano a mano che le società si democratizzavano, si poneva il problema di come “controllare”, o “gestire” la contesa delle narrazioni.
Ovunque le catene della fedeltà automatica siano state spezzate, l’azione collettiva dipende dalla coercizione o dalla persuasione. […] Per i pochi che intendono governare i molti in condizioni democratiche, non esiste altra scelta che la persuasione (Lasswell, 1928, p. 259).
la propaganda, intesa come la tecnica per controllare gli atteggiamenti attraverso la manipolazione di simboli significativi, non è né più morale né più immorale della maniglia di una pompa (Lasswell, 1928, p. 264).
Questo portava a giustificare, dal punto di vista elitista, lo sviluppo delle tecniche della “fabbrica del consenso” (Lippmann, 1922), e una visione ingegneristica delle scienze sociali e politiche. Non senza la consapevolezza che:
This whole discussion about the ways and means of controlling public opinion testifies to the collapse of the traditional species of democratic romanticism and to the rise of a dictatorial habit of mind (Lasswell, 1927, p. 4).
Per l'analisi di questa fase storica delle tecniche di propaganda, e relativo, si veda il PDF allegato.
A latere: guerra e civiltà
Da Lacan (2013; cit. in Brousse, 2017), che ribalta (o forse no) la lettura frediana, colgo la suggestione molto sociologica che la guerra presuppone la civiltà, non ne è l’antitesi.
Solo società organizzate possono mettere in campo una dimensione simbolica, in grado di mobilitare, “agganciando” l’immaginario collettivo.
La politica come integrazione/contesa sui e con i discorsi.
A proposito di Freud (2013, Il disagio della civiltà):
Nel saggio Considerazione attuali sulla guerra e sulla morte (del 1915), parla — fra le altre cose — del caos informativo:
Presi nel vortice di questo tempo di guerra, privi di informazioni obiettive, senza la possibilità di considerare con distacco i grandi mutamenti che si sono compiuti o che si stanno compiendo, o di prevedere l’avvenire che sta maturando, noi stessi non riusciamo a renderci conto del vero significato delle impressioni che urgono su di noi, e del valore dei giudizi che siamo indotti a pronunciare (p. 38).
e della scienza al servizio della propaganda.
Anche la scienza ha perduto la sua serena imparzialità; i suoi servitori, esacerbati nel profondo, cercano di trar da essa armi per contribuire alla lotta contro il nemico (ibidem).
Naturalmente, parla anche dell’“irruzione del Reale” e della guerra come trauma.
Il secondo fattore per cui secondo me oggi ci sentiamo così stranieri in questo mondo che un tempo è stato così bello e rassicurante, è il turbamento determinatosi nel nostro modo, fino ad ora ben fermo, di considerare la morte. Questo atteggiamento non era sincero (p. 55).
La sua posizione caratteristica sta nel rapporto che viene posto fra “pulsioni” e “cultura” (civiltà). Certamente, descrive la mobilitazione “simbolica” della guerra, e il suo potere di aggregazione, ma non mette a tema il sociale e il politico come luoghi di organizzazione del simbolico.
Lo Stato richiede ai suoi cittadini la massima obbedienza e il massimo sacrificio di sé, ma li tratta poi da minorenni (p. 43),
Riferimenti bibliografici
Brousse, M.-H. (2017). Dagli ideali agli oggetti: il nodo della guerra. In P. Bolgiani (Ed.), Guerre senza limite: Psicoanalisi, trauma, legame sociale (pp. 171–194). Rosenberg & Sellier. https://doi.org/10.4000/books.res.3811
Brousse, M.-H. (2020). Reperire la viva forza del desiderio nell’impasse stessa. Rete Lacan, 6.
Foucault, M. (2014). L’ordine del discorso e altri interventi. Einaudi.
Freud, S. (2013). Il disagio della civiltà e altri saggi. Bollati Boringhieri.
Lacan, J. (2013). La psichiatria inglese e la guerra. In Altri scritti (pp. 101–120). Einaudi.
Lasswell, H. D. (1927). Propaganda Technique In The World War. Kegan Paul, Trench, Trubner and Co. Ltd.
Lasswell, H. D. (1928). The Function of the Propagandist. The International Journal of Ethics, 38(3), 258–268. https://doi.org/10.1086/intejethi.38.3.2378152
Lippmann, W. (1922). Public Opinion. Harcourt, Brace.
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Non sono sicura che “incarnare” sia il verbo più adatto. ↩︎
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Si veda anche M. Foucault, L’ordine del discorso (2014). Benché il rapporto fra i due sia stato molto discusso, specie sul tema del Soggetto, mi pare che in questo intervento si possano individuare riferimenti espliciti al tema della Legge e dell’ordine. ↩︎