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Comunicare con i grafici

Scritto da:

Agnese Vardanega
By African American Photographs Assembled for 1900 Paris Exposition – Library of Congress

Un grafico propone al lettore una interpretazione dei dati che dovrebbe essere corretta, chiara e gradevole. La correttezza è naturalmente la cosa più importante, ma chiarezza e gradevolezza estetica sono strettamente connesse nel presentare i dati in maniera efficace.

Dal momento che quella iconica è molto più veloce degli altri tipi di memoria, i grafici comunicano prima di tutto con le forme e i colori. L’informazione rilevante passa attraverso gli aspetti visuali, mediante codici ampiamente impliciti e usati in modo poco consapevole.

Del resto, scegliamo di rappresentare i dati con un grafico per l’impatto visivo e la capacità di sintesi che ha rispetto a una tabella, o a una descrizione a parole. Proprio per questa ragione, però, se il grafico è costruito male, il messaggio che arriverà sarà fuorviante

Il fatto è che lei vede ma non osserva! (A. Conan Doyle)

In particolare, se ci rivolgiamo ad un pubblico di non specialisti, dobbiamo partire dal presupposto che il lettore “normale” non presterà particolare attenzione ai testi (a parte la didascalia) (Swires-Hennessy 2014), ed interpreterà sulla base delle sue conoscenze e convenzioni anche la scala della rappresentazione, ad esempio ignorando le annotazioni degli assi.

Il sistema di coordinate cartesiane è più familiare ed intuitivo di quello a coordinate polari (usato nei grafici a torta), e gli stessi colori hanno un loro sistema di significazione: la scala dell’intensità, ad esempio, viene intuitivamente associata a quella dei valori, per cui i colori chiari significano “minore” e quelli scuri “maggiore”.

Noi cogliamo delle differenze e, grazie a tale percezione, il mondo “prende forma” davanti a noi e per noi (A. J. Greimas)

Altro aspetto da tenere in considerazione è che nei sistemi di segni sono le differenze a veicolare i significati. In un grafico a barre, ad esempio, il lettore dovrà osservare solo le diverse lunghezze dei rettangoli: sarà bene evitare di “distrarlo” o “fuorviarlo”, usando colori diversi.

La monotonia è “noiosa” e ciò che la spezza risveglia l’attenzione: un cambio di colore o di stile attiva sì l’interesse del lettore, ma rischia di distrarlo dal focus del messaggio, rendendone più impegnativa la lettura – a meno che appunto non sia significante, e dunque necessario.

Less is more (L. Mies van der Rohe)

Questa è la ragione per cui le tendenze più recenti in questo campo vanno verso la radicale semplificazione, seguendo il principio del less is more, meno c’è e meglio è: pochi elementi significanti, per comunicare in maniera chiara e non ambigua ciò che è veramente importante.

Riferimenti bibliografici

Chen, C., Hardle, W., & Unwin, A. (A c. di). (2007). Handbook of Data Visualization. Berlin: Springer Verlag.

Knaflic, C. N. (2015). Storytelling With Data: A Data Visualization Guide for Business Professionals (1 edition). Hoboken, New Jersey: John Wiley & Sons Inc.

Swires-Hennessy, E. (2014). Presenting Data: How to Communicate Your Message Effectively (1 edtion). Chichester, West Sussex ; Hoboken, NJ: John Wiley & Sons Inc.


Adattato da “Ricerca sociale con R” (capitolo 5 “I grafici”)
Fotografia: Library of Congress Catalog: http://lccn.loc.gov/20056768367

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